Influenza stagionale. Intervista al Dr. Roberto Gava

di Alessandra Profilio

Ministero della Salute avverte che quest’anno il picco dell’influenza si registrerà tra gennaio e febbraio e che saranno tra i tre milioni e mezzo ai cinque milioni le persone che in Italia dovranno fare i conti con i sintomi influenzali. Può spiegarci cos’è l’influenza?
Prima di tutto va detto che qualsiasi stima si faccia è ovviamente molto orientativa, perché nessuno può essere sicuro di previsioni di questo tipo che dipendono da moltissimi fattori, alcuni personali (condizioni del sistema immunitario, stili di vita a rischio di infezione virale, ecc.), alcuni virali (forza dei ceppi virali, uguaglianza antigenica tra virus influenzale selvaggio e antigeni virali usati per la costruzione del vaccino) e addirittura alcuni anche climatico-ambientali.

In ogni caso, l’esperienza insegna (vedi influenza H1N1 dello scorso inverno 2009-2010) di fare molta attenzione a qualsiasi previsione di questo tipo, a meno che la previsione non abbia l’obiettivo di sensibilizzare/spaventare l’opinione pubblica in modo da “costringerla” a vaccinarsi …

Passando ora alla seconda parte della domanda, va detto che per definire correttamente un’influenza, bisogna distinguere la malattia influenzale dalla sindrome influenzale.

La malattia influenzale è una malattia respiratoria acuta ad eziologia virale specifica (causata cioè da un solo virus: il virus influenzale) che si presenta abitualmente come epidemia invernale e si manifesta in genere con febbre, raffreddore, tosse, cefalea e malessere generale.
Anche la sindrome influenzale è una malattia respiratoria acuta ad eziologia virale che si presenta abitualmente come epidemia invernale e si manifesta esattamente con gli stessi sintomi, però si differenzia da quest’ultima per essere causata NON da un virus specifico ma da alcune centinaia di altri tipi e sottotipi di patogeni respiratori virali.

Pertanto, il termine influenza è usato in modo appropriato solo quando si riferisce alla malattia influenzale causata solo dal virus influenzale (ricordo che durante una epidemia influenzale solo l’8-9% dei soggetti è affetto dal virus influenzale e quindi solo questi potrebbero essere teoricamente protetti dal vaccino).

Come si diffonde e come si riconosce l’influenza?
La diffusione dei virus influenzali avviene per contatto interpersonale o attraverso le goccioline aeree che infettano direttamente le persone. Il tempo di incubazione è di 1-4 giorni e dopo un breve periodo di astenia, di indolenzimento muscolare e talvolta di dolori generalizzati, compare un esordio con brividi e febbre anche elevata che si instaura entro 24 ore. È frequente pure una cefalea associata spesso a dolori oculari e fastidio alla luce.

I sintomi respiratori iniziali sono di solito lievi, con mal di gola raschiante, bruciore retrosternale, tosse secca e raffreddore. Successivamente, la tosse diventa produttiva, la cute diventa calda e rossa, la gola s’infiamma e duole, gli occhi diventano lucidi e lacrimano facilmente e ci possono essere nausea e vomito (il vomito è più frequente nei bambini). I sintomi acuti regrediscono dopo 2-3 giorni, anche se in alcuni casi (soggetti immunologicamente più deboli) si prolungano e possono esserci delle complicazioni bronchiali.

Quali sono le possibili complicanze dell’influenza?
I soggetti immunologicamente più deboli possono andare incontro a complicanze per sovrainfezione batterica. Quest’ultima può causare più frequentemente sinusite, otite o bronchite. In taluni soggetti particolarmente immunodepressi o in trattamento con farmaci immunosoppressori (come i corticosteroidi), talvolta la bronchite può complicarsi con una polmonite, generalmente indicata dalla persistenza di febbre, tosse e altri sintomi respiratori oltre i 5-7 giorni. Encefalite, miocardite e mioglobinuria sono complicanze molto rare e di solito si manifestano durante la convalescenza. Queste complicanze della malattia influenzale stagionale sono particolarmente delicate nei bambini molto piccoli e negli anziani con patologie croniche (specie se a carico del sistema immunitario e/o broncopolmonare e/o cardiovascolare) ed è quindi ovvio che in tali casi sia necessario seguire fin dall’inizio questi soggetti con una particolare attenzione.

È giunta in questi giorni la notizia che in Gran Bretagna 50 persone sono decedute a causa dell’influenza. Quando, in caso di influenza, bisogna preoccuparsi?
Alcuni sintomi che devono insospettire e far pensare ad una complicanza sono essenzialmente una prolungata febbre elevata, difficoltà respiratoria, rifiuto di alimentarsi e/o di bere, decadimento delle condizioni generali con una particolare stanchezza che sconfina in una sonnolenza patologica, cioè eccessiva e immotivata.

Inoltre, la sindrome influenzale viene pubblicizzata come una delle più comuni cause di morte e tutti ormai sanno che di influenza si può anche morire, ma questo concetto non è vero, perché è molto raro morire di influenza, dato che la condizione che più comunemente porta a morte è la broncopolmonite batterica secondaria (prevalentemente lobare o segmentale). Quello che voglio dire è che non si muore per il virus influenzale ma per le complicazioni dell’influenza. Queste complicazioni, però, colpiscono di solito persone deboli che potrebbero non essere tali se non assumessero molti farmaci, se venissero educate a mangiare meglio, a vivere in modo più sano, ecc.

L’epidemiologo Tom Jefferson, famoso esperto di vaccini, in una intervista ha commentato: “Nel caso degli anziani che muoiono di polmonite durante una sindrome influenzale, nessuno è mai andato a controllare se questi soggetti sono morti veramente di influenza o di qualche altro virus o batterio. Si ritiene che solo il 7% delle sindromi influenzali sia veramente causato dal virus dell’influenza!”.

Pertanto, se è vero che solo il 7-8% delle sindromi influenzali è causato dal virus influenzale vero e proprio, significa che solo il 7-8% di quelle morti è collegato al virus influenzale: tutte le altre morti, ma anche quelle da virus influenzale vero e proprio, potrebbero essere prevenute se le persone venissero educate a vivere correttamente e non ad ingoiare farmaci per ogni minimo disturbo. Il nostro sistema immunitario non viene né rinforzato né distrutto in breve tempo e quindi la prevenzione dell’influenza deve iniziare ben prima dello scoppio dell’epidemia stagionale.

Ogni anno l’arrivo dell’influenza viene anticipato da una massiccia campagna per le vaccinazioni. È giusto, dunque, ricorrere alle vaccinazioni per prevenire l’influenza? Quali rischi comportano i vaccini per la nostra salute?
Ho spiegato abbondantemente in molte pubblicazioni che l’uso del vaccino influenzale non solo è pericoloso, ma è anche del tutto inefficace e quindi inutile e in anche nel migliore dei casi, come ho detto prima, non può proteggere più dell’8-9% dei soggetti, cioè solo quelli colpiti dal virus influenzale e non certo quelli colpiti da altri virus che normalmente sono presenti nelle normali sindromi influenzali epidemiche.

Comunque, dallo studio della letteratura scientifica disponibile emergono chiaramente alcuni dati certi sulla vaccinazione antinfluenzale stagionale: non è ben tollerata dai bambini; se eseguita nei bambini non protegge gli anziani; non controlla la diffusione dell’influenza; non riduce la mortalità nell’anziano; non protegge i broncopneumopatici cronici; per il contenuto in mercurio è tossica specialmente per i bambini; per il suo contenuto in adiuvanti è tossica per tutti; non è efficace a livello clinico, mentre risulta efficace solo a livello laboratoristico.

Nonostante ciò, assistiamo ugualmente ad una massiccia propaganda a favore della vaccinazione antinfluenzale e questa è una chiara contraddizione tra i dati scientifici e la pratica clinica, tra l’evidenza oggettiva e la politica sanitaria. Ovviamente c’è sempre un perché!

Infine, il vaccino contro l’influenza stagionale non è ben tollerato (nonostante venga pubblicizzato come un vaccino sicuro perché privo di effetti indesiderati significativi) e tutti gli anni ci sono segnalazioni di persone che lamentano disturbi lievi e gravi dopo questa vaccinazione. I danni più probabili sono: danni locali (quasi sempre lievi e di breve durata), danni sistemici (patologie allergiche, autoimmunitarie, neurologiche, respiratorie e cardiovascolari); danni tossicologici (il vaccino contiene mercurio la cui tossicità è indiscussa, alluminio e nuovi adiuvanti che, oltre ad essere poco conosciuti nella loro tossicità, hanno una reattogenicità e una tossicità sistemica sostanzialmente superiori a quelle dell’idrossido di alluminio) e danni immunitari (ogni vaccino parenterale altera il sistema immunitario inducendo un’intensa alterazione della risposta immunitaria linfocitaria, cioè della bilancia Th1/Th2). In conseguenza di ciò, si può dire che il vaccino può causare sia danni individuali che ovvi danni sociali e gli studi scientifici lo affermano da anni avendo dimostrato che non c’è alcun vantaggio a vaccinare la popolazione.

Esistono alcune categorie di persone che secondo lei dovrebbero ricorrere al vaccino antinfluenzale?
Si dice che i soggetti più deboli (bambini e anziani, specie quelli malati) sono le categorie a maggior rischio di sviluppare una malattia influenzale e questo è sicuramente vero, ma io ricordo anche che proprio queste categorie sono anche quelle più a rischio di subire danni da vaccino e io, tra una malattia che mi viene causata da un’azione umana e una che mi insorge spontaneamente, preferisco enormemente quest’ultima, perché ho maggiori possibilità di difendermi sia prevenendola che curandola facendo leva e avendo fiducia sui meccanismi immunitari specifici e aspecifici del mio organismo, meccanismi che però la vaccinazione mi altera grandemente, specie nei 12-15 giorni dopo l’inoculazione del vaccino.

In pratica, preferisco scommettere più sulla forza immunitaria del mio organismo, che è la risultante anche di molta selezione naturale, che su un vaccino artificiale, carico di sostanze chimiche sconosciute e di imprecisati inquinanti industriali e che viene iniettato by-passando le naturali barriere dell’organismo che così si trova spiazzato al suo ingresso.

Cosa pensa della tradizionale terapia farmacologia per l’influenza?
Qualsiasi terapia farmacologica è sempre e solo sintomatica, perché la vera terapia eziologica sarebbe quella che attiva e ripristina le normali difese immunitarie dell’organismo, dato che è la loro debolezza che permette l’instaurazione della malattia influenzale.

Tanti Governi, compreso il nostro, hanno fatto molte scorte di farmaci antivirali ai quali i virus influenzali di tipo A e B sono risultati più o meno sensibili (intendiamo parlare dei farmaci oseltamivir [Tamiflu®] e zanamivir [Relenza®], che sono antivirali ad azione inibitrice la neuraminidasi). In questo modo, però, i Governi fanno giungere alla popolazione un messaggio indiretto di protezione certa se si ricorre a questi farmaci, ma è noto che la sensibilità del virus all’antivirale durante test in vitro è un dato di significato estremamente diverso dalla vera efficacia clinica di questi farmaci.

Ebbene, la letteratura medica e l’esperienza clinica dimostrano che nella pratica questi farmaci sono totalmente inutili. Ma c’è di più: sono farmaci molto pericolosi a causa dei loro potenziali effetti indesiderati e inoltre l’uso estensivo e quindi irrazionale di questi antivirali comporta necessariamente una condizione di stress per la popolazione virale e questa è proprio la condizione principale che ne favorisce la mutazione e quindi la selezione di ceppi resistenti ai farmaci, come effettivamente sta accadendo in molte parti del mondo.

In ogni caso, bisogna ricordare che gli antivirali sono efficaci solo se vengono somministrati entro 1-2 giorni dall’esordio dei sintomi e sono utili solo nel ridurre di al massimo un giorno la durata della sintomatologia influenzale. Nonostante ciò e nonostante la proibizione del National Institute for Clinical Excellence sugli antivirali nel trattamento dell’influenza che raccomandava la somministrazione di questi farmaci solo sopra i 13 anni di età, l’uso degli antivirali è stato esteso recentemente anche ai bambini sotto l’anno di età e nelle donne gravide in base ad una valutazione teorica di maggior beneficio rispetto al rischio in cui questi soggetti potrebbero forse incorrere.

Se poi si pensa che questi farmaci hanno causato disturbi neurologici e psichiatrici (come delirio, allucinazioni, confusione mentale, comportamento anormale, convulsioni, encefalite che in uno studio inglese hanno interessato il 18% dei bambini trattati), oltre a dolori addominali, astenia, insonnia, vertigini, epatite, trombocitopenia e anche dei decessi, non riesco proprio a capire come faccia la gente ad accettarli nei confronti della malattia influenzale che è una patologia che quasi sempre si risolve spontaneamente.

Quali sono i rimedi a suo avviso più efficaci per prevenire e affrontare l’influenza?
Il Dr. Ho Mae-Wan ha affermato: “È ben noto che ci sono modi più sicuri e più efficaci per combattere un’epidemia influenzale rispetto la vaccinazione di massa: lavarsi spesso le mani, starnutire in un fazzoletto di carta che si può presto gettare, evitare riunioni non necessarie, mangiare in modo sano, fare esercizio fisico e assumere dosi adeguate di vitamina D per aumentare la propria immunità naturale”.

Le vitamine D, C e A sono sicuramente molto importanti, ma devono essere assunte per tempo, meglio se prima che inizi l’epidemia influenzale. Altre sostanze importanti sono la propoli e i fitoterapici (come echinacea e timo), ma più di tutto i rimedi omeopatici, anche se proprio contro questi si scagliano i consigli ufficiali che raccomandano espressamente di non far ricorso a medicamenti omeopatici (prima dicono che l’omeopatia è “acqua fresca” e poi raccomandano di non usarla! Un tale consiglio me lo sarei aspettato solo dall’Industria Farmaceutica … a meno che …). Ricordo brevemente però che il trattamento omeopatico è tanto più efficace quanto più è personalizzato, ma per questo argomento consiglierei di leggere piccoli libri in commercio che spiegano addirittura come impostare un autotrattamento omeopatico iniziale di emergenza.

Esiste un legame tra lo stile di vita e il presentarsi dell’influenza? Se sì, quali comportamenti possono aiutare nella prevenzione?
Come sempre, il primo passo per guarire o per migliorare le nostre condizioni di salute è quello di prendere coscienza che non siamo perfetti e che dobbiamo migliorarci. Se ci ammaliamo significa che abbiamo indebolito il nostro sistema immunitario e quindi che dobbiamo prima di tutto riposarci e assumere un’alimentazione adeguata, ma significa anche che dobbiamo fermarci e riflettere sul nostro modo di vivere e di comportarci. La malattia è sempre occasione di miglioramento, ma dipende da noi migliorare o meno la nostra condizione. Sapremo cogliere l’occasione della malattia per fare il punto sulla nostra situazione e correggere il nostro cammino di vita? Sapremo cogliere l’occasione di una piccola malattia per evitare i fattori che abbiamo sperimentato essere capaci di favorire il nostro indebolimento organico in modo da correggerli ed evitare che la prossima volta il nostro organismo vada incontro ad una patologia di gravità uguale o maggiore? Dipende da noi!

Dobbiamo capire che il problema non sono i batteri o i virus: essi sono sempre presenti fuori di noi e in noi. Il vero problema siamo noi stessi, il nostro credere di sapere, il nostro credere che non ci siano alternative al nostro modo di vivere … Spesso, nella nostra presunzione risiede la causa della quasi totalità delle malattie prevenibili. Se ci ammaliamo di influenza significa che siamo immunologicamente deboli e ciò significa solamente che NOI abbiamo indebolito il nostro sistema immunitario.

Dobbiamo allora chiederci: “Quale dei miei comportamenti ha indebolito il mio sistema immunitario?”. Di solito, l’esperienza insegna che le cause più frequenti sono:
– pasti sbilanciati,
– vita sregolata,
– ingestione di sostanze tossiche con cibi, bevande, aria, ecc.,
– poche ore di sonno,
– scarsa o assente attività fisica,
– scarsa attività ricreativa o distensiva,
– conflitti interiori o tensioni con coloro che ci stanno vicini a casa, al lavoro, ecc.,
– scarso o errato spazio alla nostra interiorità spirituale …

Ecco dove ci può portare una riflessione indotta da una semplice malattia!

Ben vengano allora pochi giorni di febbre, se questi ci permettono di riflettere e rivedere il nostro comportamento perché, lo ripeto, un indebolimento prolungato e intenso del nostro sistema immunitario può causare, negli anni e sempre in modo silenzioso, malattie ben più gravi dell’influenza!
Anche per questi motivi il trattamento farmacologico o vaccinale, che tra l’altro sono entrambi carichi di effetti indesiderati perché possono di per se stessi causare patologie, se (nei pochi casi in cui sono efficaci) ci impediscono di ammalarci, potrebbero anche, estremizzando il discorso, farci perdere l’occasione di impostare un vero trattamento adatto al nostro personale caso.

BIBLIOGRAFIA:
– R. Gava “Le Vaccinazioni Pediatriche”
– R. Gava “La sindrome influenzale in bambini e adulti”
– Mengano “Influenza e Omeopatia”
– R. Gava “Verso una nuova medicina”